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FoundArting: il linguaggio e il racconto di una piccola comunità

“Ispirandosi al linguaggio artistico di Bozzola, l’idea era che i ragazzi diventassero l’opera d’arte, che nel corso del triennio di LAIV si costruisse l’opera d’arte di un adolescente: diventare se stesso, il dispiegarsi di ciò che lui è, di ciò che ha dentro, la possibilità di trovarsi attraverso il teatro.”

  • 27 Luglio 2016

Si parte da un approccio basato sul rispetto e sull’attenzione nei confronti dei ragazzi, considerati delle persone che grazie al loro modo di vedere le cose possono dare un contributo alla società civile.

FoundArting, il progetto LAIV realizzato presso l’Istituto di Istruzione Superiore B. Pascal di Romentino (NO), è condotto dall’attento e appassionato lavoro di Marco Bricco (attore, regista, formatore e scrittore, Stilema/Unoteatro) e Grazia Fallarini (pedagogista C.I.S.A. Ovest Ticino), che da due anni (e si apprestano a svolgere il terzo nell’anno scolastico 2016-2017) coinvolgono gli alunni di tre diversi indirizzi di studio (Liceo Scientifico, Liceo Scientifico Scienze Applicate e Relazioni Internazionali per il Marketing) in un percorso teatrale, artistico e pedagogico ispirato alla produzione artistica di Angelo Bozzola, in collaborazione con la Fondazione Angelo Bozzola (Galliate, NO) e il FAI Delegazione di Novara.

FoundArting prende forma intorno ad alcuni ambiziosi obiettivi: far conoscere maggiormente le opere di Bozzola sul suo stesso territorio e valorizzarle attraverso il linguaggio teatrale, lavorare sul rapporto tra giovani e bambini, far avvicinare gli adolescenti all’arte contemporanea – basti pensare che 4 su 80 non erano mai andati a vedere una mostra di arte contemporanea, prima della loro partecipazione a FoundArting.

Quello che i ragazzi hanno imparato va ben oltre un copione, nonostante il laboratorio si sia concluso, sia nel primo sia nel secondo anno scolastico, con la messa in scena nel LAIV Action all’Elfo Puccini di uno spettacolo sul tema della monoforma di Bozzola. Il valore peculiare dell’esperienza che gli studenti coinvolti hanno vissuto affonda le sue radici in un metodo di lavoro artistico e pedagogico, che accompagna il lavoro di Marco e Grazia da oltre 15 anni e che ha permeato tutti i progetti realizzati, dal 2001 a oggi, nel territorio del Novarese con scuole d’infanzia, primarie e secondarie, biblioteche, centri di aggregazione, oratori, gruppi di genitori e figli.

Il senso del loro approccio ruota intorno a concetti chiave come comunità, inclusione, considerazione non prestazionale del teatro, da cui è possibile cogliere i valori che fondano il loro modo di lavorare, giocare, educare con il teatro e con il linguaggio artistico, e che costituiscono il ricco bagaglio di competenze e strumenti messi a disposizione delle scuole in cui operano.

Il percorso proposto ai ragazzi del Pascal si articola in una decina di incontri per classe – 3 le sezioni coinvolte, 80 i ragazzi che partecipano –, volti anzitutto a recuperare la funzione antropologica della dimensione artistica, della ritualità, ad assegnare al teatro il compito di dare voce a pensieri ed emozioni sulla vita dei partecipanti con l’idea che attraverso il teatro e l’arte si possa creare una piccola comunità che si racconta con il supporto di tali linguaggi.

Si inizia raccogliendo i pensieri dei bambini e dei ragazzi della piccola comunità teatrale, si lavora sulle “parole preziose” della loro vita – dolore e morte compresi –, per poi costruire attorno a esse delle idee drammaturgiche e, successivamente, lo spettacolo vero e proprio.

L’esibizione finale a cui si arriva è così molto di più di una rappresentazione teatrale, perché l’obiettivo non è occuparsi a priori di uno spettacolo, ma costruirlo con i ragazzi a partire da ciò che loro pensano e vivono, dalle parole che utilizzano per esprimerlo: la storia è costruita con loro, parla di loro e della loro comunità, e questo è il materiale da cui prende vita lo spettacolo. È una visione che, anziché partire dalla letteratura e dalla messa in scena, prende avvio dalla costruzione di uno spazio per stare insieme e per conoscersi attraverso il teatro.

Il teatro diventa allora una via per raccontarsi e per definire il linguaggio – e quindi il senso – della propria comunità, per parlare d’inclusione e praticarla, per scoprire il proprio mondo ed entrare in relazione con quello dell’altro.