Intervista ad Alberto Ostini, cofounder di Artoo, il progetto di Alchemilla che rende il bambino autore di nuovi prodotti editoriali
“Artoo è un orso molto simpatico e appassionato di arte, che vive nella soffitta di un museo. Poiché è un po’ timido non si fa vedere ma ogni volta che sente salire fino a lui le voci dei bambini che osservano i quadri..."
- 24 Febbraio 2017
I bambini e le famiglie sono i destinatari principali del vostro progetto: che definizione daresti di Artoo se dovessi introdurlo a un bambino?
Artoo è pensato per bambini anche molto piccoli, dai 3 anni in su. Quando li incontriamo diciamo loro che Artoo è un orso molto simpatico e appassionato di arte, che vive nella soffitta di un museo. Poiché è un po’ timido non si fa vedere ma ogni volta che sente salire fino a lui le voci dei bambini che osservano i quadri, si rende conto di come siano in grado di comprendere a fondo l’arte.
Ai genitori invece direi che Artoo è una possibilità che mettiamo a disposizione dei bambini: quella di esprimere i loro pensieri, raccontare le loro emozioni e poterle condividere. Gli strumenti attraverso cui lo facciamo sono diversi, ma in comune c’è il desiderio di dar voce ai bambini, ascoltare ciò che hanno da dire. Abbiamo scelto l’arte come tema su cui confrontarci con loro perché è un campo molto stimolante per il sentire dei bambini e per la loro crescita: un territorio magnifico e sterminato da esplorare. Uno spazio libero in cui bambini e genitori possono incontrarsi, giocare assieme e raccontare ad Artoo quali emozioni hanno provato. Per tornare alla domanda sulla definizione di Artoo, direi che per noi adulti è un modo per riavvicinarci all’emozione dell’arte attraverso gli occhi dei bambini.
Artoo è stato ideato dalla cooperativa sociale Alchemilla, nata per promuovere l’impiego delle pratiche artistiche nei processi educativi e di inclusione. In che modo educazione e arte si possono tradurre in innovazione culturale?
In primo luogo pensiamo sia innovativo ribaltare il punto di vista e coinvolgere i bambini come autori di prodotti culturali destinati anche agli adulti. Oggi c’è grande attenzione a metodi educativi innovativi che permettano ai bambini di sviluppare pienamente le proprie potenzialità. In Italia abbiamo alle spalle una grande tradizione di maestri: Mario Lodi, Bruno Munari, Gianni Rodari, Loris Malaguzzi solo per citarne alcuni. Per Mario Lodi era fondamentale che quanto veniva sperimentato e creato dai bambini non restasse limitato alle mura della classe ma potesse diventare occasione di scambio e confronto anche con gli adulti.
La scommessa di Artoo in questo senso è duplice: da un lato prevede che le nuove tecnologie possano giocare un ruolo positivo nell’incontro con l’arte e dall’altro punta a realizzare prodotti culturali che portino l’arte nelle case dei bambini e coinvolgere anche le loro famiglie.
La capacità autoriale dei bambini ha un ruolo centrale in Artoo, che li coinvolge in prima persona nella costruzione di prodotti editoriali: ci spieghi come avviene tutto questo?
Il riconoscimento dell’autorialità dei bambini è il cardine su cui si regge tutta la progettazione di Alchemilla. Nei laboratori teatrali, per esempio, i bambini, giocando, creano la struttura di uno spettacolo che loro stessi agiscono poi, sul palco, in modo completamente autonomo. Artoo è l’applicazione di questo stesso principio all’arte. Ti faccio un esempio: a partire da singoli dettagli estrapolati da alcuni quadri di Kandinsky e messi in una determinata sequenza decisa dai bambini stessi, abbiamo costruito insieme delle piccole storie. Alcune più poetiche, altre più divertenti, altre surreali. Dei piccoli racconti collettivi cui ciascun bambino apporta il proprio contributo creativo e che crediamo possano essere fonte di stimolo per altri bambini, ma anche per i genitori, interessati a conoscere un autore e le sue opere.
La app che stiamo sviluppando ha l’ambizione di far sì che questo processo di co-costruzione narrativa possa avvenire anche a casa propria, in famiglia, quindi a prescindere dalla nostra presenza fisica. Naturalmente a dare una mano alle famiglie c’è sempre l’orso Artoo… I contributi raccolti daranno vita a pubblicazioni e kit didattici e di gioco per le scuole e le famiglie.
Il Settore Educazione del Comune di Milano ha approvato la prima sperimentazione di Artoo in una scuola dell’infanzia: come sta andando? Che tipo di risposta avete dai bambini e dagli insegnanti?
La sperimentazione vedrà coinvolti entro aprile circa 160 bambini tra i 3 e i 5 anni e 20 educatrici della scuola dell’infanzia “Ruffini”. I risultati a oggi sono molto incoraggianti sotto diversi profili. Non tanto per l’abilità innata dei bambini nell’utilizzare i device tecnologici con estrema naturalezza, cosa che è sotto gli occhi di tutti. Quello che ci ha colpito davvero è che, ove adeguatamente utilizzato, il device non porta affatto a un utilizzo frenetico e compulsivo.
Non genera distrazione da parte dei bambini. Al contrario aiuta la focalizzazione dell’attenzione sull’opera d’arte permettendo di scomporla ed esaminarla in dettaglio, soprattutto all’interno di un’esperienza di gioco che coinvolge più bambini.
L’altro aspetto molto interessante è quello di poter registrare “in diretta” quello che i bambini sentono ed esprimono nella loro immediatezza. Il che può rappresentare una vera miniera d’oro per le educatrici in termini di documentazione del lavoro svolto coi bambini, ma anche per le famiglie che potrebbero conservare così una traccia “emotiva” del percorso di crescita che i loro figli stanno portando avanti a scuola.
“Alchemilla parte proprio da loro: la capacità di sentire e immaginare dei bambini è una risorsa preziosa anche per gli adulti.” E Alchemilla che cosa ha imparato da loro?
Kandinsky, su cui stiamo lavorando in fase di sperimentazione, diceva che l’artista è per certi versi simile al bambino perché come lui è in grado di percepire il “suono interiore di tutte le cose”. Alchemilla impara ogni giorno che lavorare con i bambini è un dono. Perché sono dotati di una straordinaria capacità intuitiva, immaginativa ed emotiva. La loro capacità di dare letture profonde e di creare connessioni inaspettate in modo del tutto naturale è fonte di continua meraviglia.
Mettersi alla loro altezza – anche fisicamente – costringe noi adulti a guardare non solo all’arte, ma alla vita in genere, da un diverso punto di vista. È un esercizio molto salutare. Allena la capacità di non fossilizzarsi, di uscire da quegli schemi asfittici e un po’ ripetitivi che la mente di un adulto tende a ripercorrere. Schemi che sono mentali ma anche emotivi. E cosa c’è di più innovativo di cambiare schema?