Meet Museum. La testimonianza di Flavio Arensi, fondatore con Francesco Mandressi dell’impresa culturale nata da IC per favorire l’incontro tra il mondo museale e quello aziendale.
"I nostri valori fondamentali sono la passione per il bello e per l’innovazione: la prima è necessaria alle aziende come la seconda al settore culturale."
- 27 Giugno 2016
Che cos’è Meetmuseum?
Meetmuseum mette in dialogo il mondo dell’impresa e quello dei musei o più in generale dei luoghi di valore culturale, progettando eventi aziendali in location di grande fascino. Inoltre affianca enti pubblici e privati per studiare piani di valorizzazione territoriale in sintonia con le nuove forme di comunicazione.
Come si declina il concetto di innovazione culturale per Meetmuseum?
L’innovazione nel settore culturale non può intendersi solo in termini di innovazione tecnologica. L’esempio recente del Floating Piers di Christo al lago d’Iseo dimostra che le idee e la progettualità vincono su qualsiasi forma di innovazione meccanica perché possono essere parimenti coinvolgenti. Dunque, per noi innovare il sistema culturale non significa concentrarsi sull’adottare tecnologie particolari, ma aumentare le possibilità di fruizione e di esperienza all’interno di luoghi già di grande fascino, oppure studiare un progetto complessivo di politica culturale del territorio.
Quando nasce Meetmuseum e quale idea di fondo ne ha ispirato il progetto?
Meetmuseum nasce da alcune constatazioni fatte dal mio socio Francesco Mandressi e da diverse esperienze che abbiamo vissuto professionalmente, lui nel settore dell’editoria d’arte e io in quello dell’organizzazione di esposizioni artistiche. Abbiamo partecipato a IC con un’idea semplice, dimostrando però, proprio in virtù di una lunga frequentazione del mondo culturale ma con salde basi in quello imprenditoriale, di poter mettere in relazione due ambienti che di norma fanno fatica a parlarsi nel nostro Paese.
Siete la prima start-up in Italia che propone un interscambio tra il mondo delle imprese e quello museale: in che modo possono incontrarsi e cosa possono apprendere l’uno dall’altro?
Le imprese sono organizzate da persone, o intorno alle persone, dunque dal sistema museale o culturale possono trarre esperienze, informazioni, spunti creativi, come del resto capita nella miglior tradizione d’interscambio fra arte e impresa: basti pensare ai casi dei mobilieri brianzoli, della moda, persino di certi chef come Gualtiero Marchesi, che si sono fatti ispirare dagli artisti. Formarsi o portare gli eventi aziendali in un sito storico è un modo per arricchirsi. D’altro canto, i musei hanno bisogno di aprirsi alle aziende, di farsi conoscere, di cercare nuovo pubblico e collaborazioni, adeguandosi al più recente indirizzo ministeriale.
La passione per il bello e per l’innovazione emergono come valori centrali di Meetmuseum: “la prima è necessaria alle aziende come la seconda al settore culturale”. Il senso delle vostre iniziative va nella direzione di un forte arricchimento reciproco tra arte e impresa: ti viene in mente qualche progetto specifico particolarmente esemplificativo?
Recentemente sono stato negli Stati Uniti per una serie di conferenze e una mostra. Lì ho conosciuto il primario di un importante ospedale che ha avviato un progetto di avvicinamento dei medici all’arte e ai musei, perché questo amplifica la loro capacità d’interrelazione col paziente e – parole sue – l’umanità. Noi proponiamo alle aziende di inserirsi nei luoghi artistici o storici con i propri eventi professionali, inserendo nella quotidianità lavorativa esperienze di questo tipo. I risultati sono stati per ora più che positivi per tutte le parti e ci hanno permesso di comprendere che il museo spesso può essere percepito come un luogo distante e difficile ma, una volta conosciuto, diviene un’opportunità di crescita personale e aziendale.
MM sta realizzando uno dei primi video tour digitali basati su tecnologia beacon: di cosa si tratta e dove sarà applicata?
Abbiamo avuto la possibilità di realizzare i primi progetti di video guide “intelligenti”, uno dedicato al territorio della Tremezzina, nel centro lago comasco, che interessa oltre 9 km di percorso, un altro per due mostre temporanee molto importanti a Gallerie d’Italia a Milano. Ci siamo serviti dei beacon, ma la novità non sta in questa tecnologia, piuttosto nell’integrazione dei contenuti a una nuova forma di racconto visivo, di volta in volta applicato a video didattici, giochi, racconti da parte dei curatori della mostra o schede esplicative rese vive dagli attori del Teatro dell’Elfo. Ancora una volta insisto sul fatto che la tecnologia non vale di per sé, ma nella valorizzazione dei contenuti. A noi non interessa che i visitatori si distraggono giocando con la realtà aumentata se è fine a se stessa, vogliamo invece offrire strumenti – magari più in linea con le consuetudini comunicative di oggi – in grado di aiutarli a capire o scoprire quello che stanno guardando.